Cosa comporta il cambio di abitudini o la creazione di nuove e quali sono i vantaggi dello sfruttare questa potente caratteristica della mente umana.
Sono abituato.
Ho preso la bella abitudine di mangiare frutta e verdura.
Ma cosa vuol dire abitudine?
In questo articolo:
1. Abitudine significato
Il significato di abitudine deriva dal latino habitudo – habitus cioè abito e può essere intesa come tendenza a ripetere determinati atti, a rinnovare determinate esperienze, e acquisita soprattutto con la ripetizione di quegli atti o esperienze.
La scienza della psicologia, riguardo alla formazione delle abitudini, attribuisce particolare rilevanza a specifici processi e aspetti come:
- la percezione
- la memoria
- i riflessi condizionati
- le emozioni
- la motivazione.
La nostra vita e l’efficienza nel condurla si potrebbe dire che si fondano soprattutto sulle abitudini o routine che creiamo ogni giorno fin dalla nascita. Ognuno crea le proprie abitudini, in modo consapevole o meno, quelle cioè che gli sono più congeniali in relazione all’ambiente che lo circonda, le persone che frequenta, il lavoro che svolge.
Esempi di abitudini
Se vivi per esempio a Londra o in un qualsiasi altro posto piovoso, prima di uscire porterai con te l’ombrello.
Oppure incontrerai gli amici al solito bar per l’aperitivo dopo il lavoro o ancora controllerai la posta al mattino appena arrivata in ufficio e così via.
E queste saranno azioni che svolgerai in modo automatico, senza cioè dover fare prima un’analisi di valutazione preventiva, risparmiando così una notevole quantità di energie cognitive.
Eh già, perché le nostre energie cognitive non sono infinite, anzi hanno dei limiti tutt’altro che trascurabili. Puoi infatti orientare e mantenere l’attenzione soltanto su un numero limitato di cose, trascurando o ignorando del tutto le altre ritenute superflue in modo consapevole o meno. Questo perché la memoria a breve termine, quella cioè che elabora i dati sensoriali in tempo reale, può gestire contemporaneamente circa 7 +/- 2 gruppi di informazioni (G.A. Miller).
Questo importante limite ci costringe perciò a creare continuamente schemi automatici che la mente poi usa nella maggior parte dei casi per liberare la memoria affinché essa possa passare ad altri compiti.
Gli esempi tipici di schemi mentali sono
- gli stereotipi, credenze oppure opinioni su persone o fatti
- le euristiche, una sorta di scorciatoie che adottiamo per prendere decisioni in modo rapido
- abilità e procedure, come andare in bicicletta, guidare l’auto o pilotare un elicottero
- capacità di muoversi in ambienti conosciuti, come la propria casa
Avrai di certo notato che, dopo aver ripetuto le stesse azioni o prese determinate decisioni per un certo periodo, hai cominciato a farlo in modo automatico, senza doverci cioè più pensare a livello cosciente. La durata delle ripetizioni, prima che si crei un nuovo schema o se ne modifichi uno già esistente, è compresa tra i 21 e i 30 giorni circa o 66 secondo altri studi.
Durante questo periodo i maggiori sforzi profusi indurranno uno stato di affaticamento, di stress più o meno intenso in relazione alla difficoltà del compito da svolgere e alle risorse disponibili per affrontarlo. Le sensazioni associate saranno di disagio, percezione di inadeguatezza o perfino di ansia se non sei allenato a creare spesso nuovi schemi, a gestire cioè il cambiamento.
3. Cambio abitudini
È proprio per questo motivo che l’essere umano è incline a evitare per quanto possibile il cambiamento che, per quanto possa portare benefici, richiede comunque un certo sforzo che devi essere in grado di gestire.
A volte infatti possiamo desiderare di fare qualcosa di nuovo, un cambio di abitudini, ma che tendiamo a procrastinare perché magari percepiamo il compito troppo impegnativo o peggio al di sopra delle nostre possibilità e spesso finiamo per rinunciarvi.
Come fare allora a cambiare abitudini?
Per ovviare a questo ostacolo, del tutto naturale e comprensibile, può essere allora utile adottare delle strategie per superarlo.
Il rito dell’abitudine (habit loop)
Una di queste, nota come Habit loop o Il rito dell’abitudine, deriva da uno studio condotto da alcuni ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology) alla fine degli anni novanta sul comportamento dei topi. In particolare l’esperimento dimostrava come il topo imparava ad eseguire un’azione per procurarsi il cibo e come questa diventava un’abitudine da utilizzare ogni volta che gli tornasse la fame.
L’analisi dell’EEG del cervello del topo mentre metteva in atto l’abitudine consentì di individuare la procedura seguita, l’habit loop appunto, sviluppata in tre fasi:
- segnale
- rito o routine
- gratificazione
Il segnale, ovvero l’impulso che richiede una gratificazione e che stimola il cervello a svolgere un’abitudine per ottenerla.
La routine ovvero l’azione, sia essa fisica, mentale o emotiva, stimolata dal segnale.
Infine la gratificazione cioè il premio ricevuto per aver messo in atto la routine e che la rende ancora più forte ogni volta che si ripete.
Il rito dell’abitudine è stato ben descritto da Charles Duhigg, scrittore e giornalista del New York Times, nel libro The power of habit, che gli valse il premio Pulitzer.
La stessa metodica del rito dell’abitudine dei ricercatori è stata poi utilizzata con successo anche sull’uomo in numerose applicazioni per la perdita di cattive abitudini come il fumo o l’alcolismo.
4. Cambio abitudini in 6 mosse
Se vuoi perciò realizzare quello che desideri e vivere una vita ricca di soddisfazioni minimizzando disagi e difficoltà puoi adottare una strategia ben articolata che si basa su 6 semplici passi:
- consapevolezza
- esponiti al cambiamento
- poniti obiettivi
- comincia con piccoli/semplici passi
- intenzioni di implementazione
- ricomincia quando interrompi
1. Sii consapevole che creare abitudini, come hai visto, può essere impegnativo e ti può generare sensazioni spiacevoli che potresti erroneamente identificare con stati ansiosi.
2. Esponiti volutamente più spesso al cambiamento, cominciando anche con piccole cose come ad esempio cambiare il percorso che segui da casa al lavoro. In tal modo il tuo sistema mente corpo gestirà molto meglio il naturale stress che ne deriva e anzi potresti percepirlo perfino come una carica interiore che ti spinge a fare le cose.
3. Porsi obiettivi precisi è essenziale perché soltanto sapendo esattamente cosa vuoi ottenere potrai attivare le giuste aree del cervello e produrre le necessarie energie per affrontare e superare gli ostacoli inevitabili che troverai lungo il percorso verso l’obiettivo.
4. Se percepisci il compito da svolgere troppo impegnativo per le tue attuali risorse, dividilo in compiti più piccoli, più semplici o che senti di essere in grado di gestire. Come dice un proverbio cinese Un lungo viaggio comincia con un passo.
5. Le intenzioni di implementazione sono una tecnica descritta dallo psicologo americano Gollwitzer. Consiste nel collegare l’inizio del compito con una tua abitudine già consolidata o con un evento che si verificherà con certezza. Per esempio potresti pensare di cominciare a scrivere un testo dopo aver preso il caffè o allenarti non appena rientri a casa. In questo modo collegherai il nuovo compito a qualcosa di già esistente che farà da gancio stimolandoti a metterti all’opera.
6. Accetta infine la possibilità che tu non riesca a creare un’abitudine al primo tentativo e, molto semplicemente, ricomincia da capo, magari semplificando ulteriormente il compito da svolgere fino a che percepirai che lo sforzo iniziale da compiere sia minimo o anche assente.
Creare nuove abitudini o routine è perciò il segreto per fare qualsiasi cosa, anche la più impegnativa.
Ti basterà cioè utilizzare le strategie che ti ho descritto e ti accorgerai che, passo dopo passo, riuscirai a fare talmente tante cose che le persone ti diranno Ma come fai?
E senza fatica.
Bibliografia
Duhigg, C., La dittatura delle abitudini, 2012, Corbaccio