Articolo aggiornato il 5 Luglio 2022
Oggi ti racconto un aneddoto: la scoperta dei Neuroni specchio ad opera del Prof. Giacomo Rizzolatti e come questo risultato ha influenzato la scienza e le nostre vite.
In questo articolo:
1. Rizzolatti e i neuroni specchio
La storia della scoperta
Stava osservando il monitor che faceva vedere il cervello di Giorgina, una scimmietta di poco più di un anno, esplorato con straordinaria precisione da un moderno macchinario. In pratica l’immagine a colori sullo schermo evidenziava le zone del cervello che si attivavano quando Giorgina compiva un’azione, un atto motorio. Proprio come stava accadendo in quel momento, mentre stava afferrando una pallina tutta colorata che sembrava incuriosirla molto.
Neuroni motori
Le zone colorate corrispondevano ai gruppi di neuroni motori, cioè particolari cellule nervose che si attivavano al fine di trasmettere le istruzioni ai muscoli della mano per afferrare la pallina. Ogni neurone del sistema nervoso ha una sua specifica funzione con altrettanto specifiche informazioni e istruzioni che condivide con altri neuroni.
Che organo meraviglioso il cervello – pensò il dottor Rizzolatti, responsabile del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma.
Accanto a sé aveva Sirmione, l’altra scimmietta con la quale aveva poco prima terminato un altro esperimento e che era ancora collegata al secondo monitor.
L’occhio del professore fu attratto da qualcosa di insolito comparso proprio su quello schermo.
Guardò con maggiore attenzione e, con sua grande sorpresa, si accorse che nel cervello di Sirmione si erano attivati gli stessi neuroni motori attivi nell’altra scimmietta che giocava ormai con la pallina. La cosa sorprendente era che Sirmione stava semplicemente osservando attentamente Giorgina, ma senza muovere un muscolo.
Com’era possibile?
pensò, che si fossero attivati i neuroni motori, quelli che fanno muovere le mani di Sirmione se questa stava lì, assolutamente immobile.
Stessi neuroni, scimmietta diversa
Ipotizzò un guasto alle apparecchiature, che dal successivo controllo risultarono però perfettamente funzionanti. Cominciò a sentirsi eccitato all’idea che forse si potesse trovare di fronte a una nuova scoperta ma, dominando a fatica l’ansia, si affrettò a ripetere l’esperimento della pallina per avere la conferma che fosse proprio così.
Prese un’altra pallina, stavolta di un verde brillante, dal contenitore appoggiato sul tavolo del laboratorio, e la sistemò a circa un metro dalla scimmietta che aveva afferrato l’altra poco prima. Quest’ultima, con un balzo agilissimo si avventò sulla pallina afferrandola.
Sul monitor si attivarono, come di consueto, i neuroni motori della corteccia prefrontale, la parte anteriore del cervello. Poi, trattenendo il respiro, Rizzolatti spostò lo sguardo sul monitor della scimmietta che stava soltanto osservando.
Quello che vide gli fece salire un brivido lungo la schiena fin su ai capelli per la gioia.
La scoperta dei Neuroni specchio
Era il 1992, e il professor Rizzolatti aveva appena scoperto quelli che battezzò come neuroni specchio.
E se la stessa cosa succedesse anche nel cervello umano?
si chiese immediatamente il professore.
Grazie alle moderne tecniche di neuroimaging, che sembrano essere innocue e non invasive, il team del professore avviò subito l’estensione delle sperimentazioni sugli esseri umani.
Tecniche di Neuroimaging
In particolare si avvalsero della:
- PET, Tomografia a Emissione di Positroni
- fMRI, Risonanza Magnetica Funzionale.
Queste ultime permettono di visualizzare, in 3 D e con una stupefacente definizione, le variazioni del flusso sanguigno conseguenti sia all’esecuzione di atti motori sia anche alla sola osservazione degli atti motori stessi.
E proprio come si aspettavano, ebbero la conferma che nel cervello umano accadeva la stessa cosa che avevano scoperto in quello delle scimmiette.
Anzi.
La cosa stupefacente fu che i neuroni specchio dell’uomo si attivavano non solo in presenza di un’azione fisica precisa, ma anche di fronte a comportamenti che facevano intuire che l’altra persona avrebbe compiuto una determinata azione.
Come dire, mi sembra che quella persona voglia prendere la pallina, quindi attivo i neuroni motori per afferrarla anche se in realtà sarà lei ad afferrarla.
Fantastico.
Questo vuol dire che nell’uomo la funzione principale dei neuroni specchio è quella di comprendere il significato delle azioni altrui, ma non solo.
Neuroni specchio e apprendimento
Un altro ambito molto interessante è quello dell’apprendimento.
Quest’ultimo verrebbe appunto agevolato dal modo di funzionare dei neuroni specchio attraverso il quale, osservando i movimenti di un’altra persona, siamo programmati per ripeterli.
Questo avviene se conosciamo le azioni che stiamo osservando e anche per quelle che non conosciamo.
In pratica il metodo usato, per esempio, per migliaia di anni dai cinesi per insegnare le nobili arti marziali ossia quando il maestro dice al suo allievo
Osserva e fai quello che faccio io.
La stessa cosa accade quando vediamo qualcuno che morde con appetito un bel panino succulento e capita di accennare, a nostra volta, l’atto di mordere anche se il panino non l’abbiamo tra le mani.
Il fatto di imitare o non imitare sembra sia dovuto tuttavia a un sistema di controllo interno il quale, all’occorrenza, inibisce o favorisce l’imitazione del gesto.
Oltre all’attivazione dei neuroni specchio nelle circostanze descritte ben presto le ricerche consentirono di scoprire molto altro.
2. Neuroni specchio e Empatia
Indagando indagando Rizzolatti e i suoi collaboratori scoprirono infatti che i neuroni specchio svolgono nell’essere umano un’altra importante funzione. Essi consentono, infatti, di percepire e comprendere inoltre le emozioni degli altri grazie alla funzione svolta da una complessa area del cervello chiamata insula.
Insula e cervello
Quest’ultima, in particolare, consente di modulare le emozioni percepite dai neuroni specchio poiché genera risposte di tipo viscerale, tipo forse quelle che taluni definiscono farfalle nello stomaco.
È quello che accade quando, per esempio, vediamo qualcuno a cui si sono rotte le uova nella borsa della spesa riversando il contenuto su tutti gli altri alimenti. In quel caso tendiamo ad assumere la sua stessa espressione di disgusto.
Questa si che è una bella notizia! Vuol dire che tendiamo ad essere empatici per natura?
Beh, dal punto di vista fisiologico sembra proprio di si anche se poi bisogna fare i conti con i nostri processi cognitivi.
Insomma, se vedi qualcuno che ride a crepapelle, ti sarà capitato di esserne poco dopo coinvolto anche tu.
Se osservi qualcuno che sta soffrendo per un dolore fortissimo, sembra quasi che lo provi anche tu e così via.
Diverso è se accade che la persona che abbiamo di fronte è affranta, delusa, addolorata, per esempio per non essere riuscita a realizzare quello che voleva, ma è una persona che ci risulta antipatica o verso la quale nutriamo del risentimento. Allora ecco che la mente interviene e vanifica tutto il bel lavoro empatico fatto dai neuroni specchio e a volte finiamo addirittura per gioire per il disagio altrui.
In ogni caso, fortunatamente, l’azione dei neuroni specchio conferma che siamo stati progettati per essere fisiologicamente empatici. Siamo perciò in grado di comprendere più facilmente i nostri simili, sia riguardo alle azioni che fanno che alle emozioni che provano, facilitando dunque le relazioni interpersonali.
Mai come in questo caso, dunque, si può dire valga la pena di assecondare l’istinto.
Trovare l’empatia è infatti condizione essenziale per comunicare in maniera efficace, ricordi?
A presto…
Bibliografia
Rizzolatti, G., Sinigallia, C., So quel che fai, 2006 Milano, Raffaello Cortina
A presto